Le nubi della guerra si addensano all’orizzonte; Livio in Svizzera dal 1940/41.
Preoccupazioni ed economie in casa: ricordo i miei pomeriggi passati a studiare in cucina con la porta chiusa e lo sparherd acceso, il resto della casa gelido. Per risparmiare carbone, due stanze della casa rimanevano chiuse, la stanza da pranzo e lo studio. Non più donna di servizio.
Voci sempre più allarmistiche, settembre 1943: discesa memorabile delle truppe tedesche per via Carducci. Bisognava scappare. Grande calore da parte di Lalla. Aiuto da parte di tutta la famiglia Pettinello.
Distacco dagli amici, partenza di tutti chi prima chi dopo: quando mai ci rivedremo?... ultima passeggiata insieme verso la marina, la sera precedente all’8 sett / (?), angoscia e distacco. 9 sett. 1943: all’alba alla stazione ferroviaria, i treni sono zeppi: verso dove? non si sa… le idee sono confuse.
Io avevo un po’ l’incoscienza dei 18 anni, ma anche non ci si rendeva ben conto della realtà, le notizie erano vaghe ed oscure. Notte a Portogruaro, vagabondaggio in paese (cacca in un portone!), il giorno dopo decisione di andare a Lignano (Sabbiadoro).
Assestamento in una Pensione familiare. Mese di settembre, tempo fresco ma splendido, spiaggia deserta, meravigliosa.
Pian piano si forma una compagnia: strani personaggi, giovani e non giovani, ognuno con una storia da nascondere; arrivati lì come noi e in aspettativa di prendere delle decisioni importanti, vitali per il proprio futuro. Finita la guerra si saprà che i fratelli Gottardi erano in realtà marito e moglie, lui scappato dall’esercito e poi diventato un importante capo partigiano, la Rita Rosani medaglia d’oro alla memoria caduta in combattimento anche lei da partigiana ) Un filo quindi ci legava tutti nella clandestinità. In noi giovani c’era una gran voglia di vivere e di afferrare l’attimo fuggente. Bagni indimenticabili, calda fratellanza.
E’ durato un mese poi, alle prime avvisaglie di spie in paese, uno alla volta tutti abbiamo levato le tende”.
Rifugio a Venezia, alla Pensione Conte, raccomandataci come modesta e sicura. Contatti con Monsignore per asilo in Convento - idea poi non realizzatasi, riusciamo invece a procurarci carte di identità false da una signora - poi morta sotto bombardamento - che lavorava al Comune di Treviso. Risultiamo chiamarci Sandri nativi di Catania, sfollati (paura ed incubo di dimenticarmi i nuovi dati anagrafici!) Tutto il giorno per le calli di Venezia per timore di retate alla pensione (pensione Conte, Riva degli Schiavoni). Conosciuto alla pensione Gino Venturini, medico (e arruolatosi poi repubblichino per disperazione), sbandato dalla Marina, innamoratosi di me ma da me sempre disdegnato. (E’ venuto poi persino a trovarmi a Torino) nativo di Ischia cantava bene tute le canzoni napoletane …
In una notte di dicembre arriva lo zio Alfredo (“vengo dal Santuario di Crea!...) e poi Valberto; ci lasciamo persuadere di andare con loro a Torino, in casa, in via Madama Cristina, 8.
Perplessità giustificata della zia Maria. Convivenza non facile. V. mi rivela il suo amore di sempre, da quando ancora bambini ci eravamo visti a Piedicavallo.
Inizia così la mia prima vera esperienza amorosa. Alternanza di periodi buoni e periodi meno buoni: mi lascio volentieri riscaldare al suo gran fuoco in un periodo così pieno di incognite e di paure.
Più tardi nostro trasferimento a Corso Tassoni 56 (o 59?),in una tipica casa operaia con ballatoi. Si affitta anche una casetta a Rorà sopra Luserna S. Giovanni) in zona partigiana.
Vagabondaggi con V. in città, in campagna, in montagna. Si sfiorano grossi pericoli con assoluta incoscienza.
Papà lavora (dovevamo pur mantenerci) in una Ditta (SMARP) che tratta pellami con i tedeschi, papà fa l’interprete.
Io dò lezioni di latino e italiano alla Antonietta Melano che abita nella casa e vengo ripagata con un piattino di burro e uova. Gran festa! Tutto è razionato, carne una volta alla settimana, pane di farina di riso duro come un sasso, lunghe code per un pacco di biscotti, quanta voglia di un pezzetto di cioccolato…
Si continua finchè si può le rimesse a Livio in Svizzera.
Mamma e papà spesso in crisi, sono io che li sostengo.
Ci raggiunge la nonna Rita che va a stare per ragioni di sicurezza in via Cibrario in camera in affitto ma passa la giornata da noi. Vita dura, ricordo che la nonna si riscaldava con un pezzo di legno (il "manganello") lasciato per un po’ nel forno acceso. Ed è lei che a mezzogiorno scende con il gamellino a prendere la “boba” per tutti alla mensa della SMARP (una minestra calda fatta se ricordo bene soprattutto di cavolo e riso…)
Spostamenti a Rorà quando in città si sentiva il pericolo di retate, Valberto che viaggiava vestito da prete! Ma pericolo anche lassù: partigiani presi e fucilati, arrivo improvviso di tedeschi e repubblichini; salvi per miracolo, forse perché papà parlava bene il tedesco…
I rapporti con la padrona di casa, insegnante, Eva Elda Pozzi, sono ottimi (avrà poi capito che eravamo ebrei???). La casa di ringhiera aveva l’aria simpatica di una casa operaia a Torino.
Radio Londra diventa la nostra amica segreta.
I bombardamenti non ci fanno paura, è un destino comune che dividiamo con tutti. Sinistre le sparatorie all’alba provenienti dal Martinetto, situato accanto al nostro palazzo: gente fucilata dai tedeschi, dopo poco scarponi allineati sporgono dal camion in corso Tassoni, i cadaveri spariscono prima che inizi il traffico del mattino.
Aprile 1945, la guerra è finita. I tedeschi in rotta scappano: carri armati e franchi tiratori sui tetti delle case sparano all’impazzata. Il nostro portiere viene preso in pieno petto mentre osserva dall’androne e muore; una pallottola entra dalla finestra della nostra stanza da pranzo, un attimo prima la mamma era li, per fortuna si è scostata avvertita da papà del pericolo.
E’ finito l’incubo, si comincia a pensare di tornare a casa, a Trieste. Lungo viaggio un pò in treno un po’ in camion di fortuna, gran confusione dappertutto, le comunicazioni sono precarie.
Gran gioia, gran voglia di ricostruire, il paese si deve tirar su le braghe.
Si arriva in Via Vignola (sbarcati da un camion all’angolo di via Rossetti con via Michelangelo), davanti alla porta di casa si tende l’orecchio a qualche rumore, si ha l’impressione che ci sia qualcuno in casa: falso allarme, e solo la paura che ci fa vedere i fantasmi! Entriamo, troviamo in diverse porte le serrature sigillate dai tedeschi: sembra infatti che per un certo periodo si sia installato in casa un ufficiale tedesco (che tra l’altro deve aver rubato tutta la collezione di medaglie che il nonno teneva in un cassetto).
La vita riprende, si recuperano i materassi e le coperte che i Pettinello ci avevano custoditi. Si riprendono i contatti.
Visita di Umberto U. che arriva con un gran mazzo di fiore, affettuosissimo. Delusione nell’apprendere che io ero fidanzata. Buffo destino: sposerà poi un’amica comune.
Governo Militare Alleato a Trieste: la città è piena di soldati inglesi, americani ecc. le triestine se la godono!
Decido di mettermi a lavorare e trovo un posto di interprete-traduttrice alla Caserma Beleno (in alto della via Rossetti) sede della Civil Police Training School. Sto benissimo, il lavoro mi piace e mi diverte (traduzione di un libriccino-manuale su un nuovo modello di carabina americana!).
Come capo un maggiore scozzese simpatico, rapporto amichevole con le colleghe (la cosidetta Blondie che mi dava lezioni di serbo-croato e la Ada De Rosa sorella del noto pianista) ed i compagni di lavoro, sono un po’ la mascotte della Caserma. Rapporti teneri: ricordo con particolare simpatia Rinaldo De Rossi che faceva il disegnatore.
Tempi goduti quelli della Caserma Beleno, forse gli unici veramente spensierati della mia giovinezza, avevo poco più di vent’anni. Gran piacere di ballare con chi mi sapeva ben condurre (il maresciallo Miller, gran ballerino e simpatico scozzese).
Soddisfazione di guadagnare i primi stipendi (regalo una sveglia alla mia mamma e al mio papà), soldi che mi serviranno egregiamente qualche anno più tardi a mantenermi all’Università quando nel 1948 mi iscriverò a Roma in Scienze Biologiche.
Valberto si fa ogni tanto vedere, io sempre perplessa continuo a tenere il mio anello di fidanzamento con la pietra di corallo.
Ritorno di Livio dalla Svizzera e sua partenza per l'Argentina.
Mio rapporto stretto con Ronci, insieme le prime lezioni di spagnolo alla Berlitz. Tempi di entusiasmo per Israele, per la vita in kibbutz. Soggiorno in Hahsharà a S. Marco vicino a Firenze, incontro alla stazione di Genova con un gruppo di giovani rumeni e idillio-lampo con un ragazzo dell’Hashomer Hazair.