Dopo la Liberazione il primo mio pensiero fu di tornare a vedere i miei compagni di scuola della Scuola Ebraica, per sapere come e se erano tutti sopravissuti. In una serata sentii una ragazza cantare in ebraico con voce meravigliosa, per di più era anche carina. Chiesi a Nora Bolaffio:
“Ma chi è?”
“E’ la Ronci, non la conosci?” E me la presentò immediatamente.
Appresi dopo che anni prima mi aveva notato ma io non l’avevo avvertito. Credo che me ne innamorai subito.
Facevamo delle gite in bicicletta per fare i bagni a Miramare o a Sistiana, e una volta mi disse:
“Non credi che dovresti chiedere la mia mano a mio padre?”
Fu così che ufficialmente chiesi a nonno Srul e a nonna Janci la mano di Ronci e alla maniera Yiddish Srul mi disse:
“Va bene, vale una lira.”
E tirai fuori una lira.
Volli presentarla ai miei genitori e andai ai Bagni Excelsior con la mamma e le dissi:
“Guarda che bella ragazza!”
Scettica la mia mamma mi disse:
“A quell’età tutte le ragazze sono belle!”
La nonna Janci era una bravissima cuoca, a differenza di mia madre che era brava a fare solo le fugazzette, ci invitava settimanalmente a pranzo.
Il visto per l'Argentina per Ronci tardava e ne parlai con il chimico del laboratorio analisi, certo Zema, che era alle dipendenze della doctora Kechker, ambedue ebrei; Zema mi disse:
"Faccia un regalo a Migraciones e vedrà che otterrà il visto."
Fu così che comprai una macchina da presa cinematografica che consegnai a Zema per farla pervenire a 'Migraciones'.
Ma il visto tardava ancora. Fu così che andai dal signor Baccarà, il quale telefonò a 'Migraciones' sollecitando il visto per la S.ra Miriam Sacerdoti (Ronci). Davanti a me si svolse questa conversazione:
" ¿La señora Sacerdoti es judia?"
“¿Sacerdoti judia? Como va ser, es hija de cura!"
Così fu che Ronci ebbe il visto. Era il 1948, l'anno della costituzione dello stato d'Israele, io andai alla legazione ebraica chiedendo di arruolarmi. Mi dissero che mi avrebbero pagato il viaggio ma, anche se fossi sopravvissuto, il ritorno no. Nel frattempo la guerra era finita e rinunciai a questa impresa.
Tornai a Trieste dove celebrammo le nozze nella Sinagoga avendo come testimoni Paolo Lancieri e Isidoro Tolentino, allora fidanzato con mia sorella Laura.
Dopo il viaggio di nozze andammo a Milano per farci confermare il visto dal console argentino.
Notai che il Console guardava con attenzione il petto della mia giovane sposa, che era certo meritevole di sguardi, ma quello che interessava il console era il 'Magen David' appeso al collo.
Non ebbe mai il visto.
Andai dal Dr. Zerilli e annunciai che io non potevo tornare in Argentina.